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venerdì 27 luglio 2012


La sicurezza in bicicletta

Di Roberto Babini

Partiamo da una cruda ma pur sempre veritiera affermazione iniziale.
La sicurezza stradale è un diritto di tutti.
Purtroppo nella casistica legata all’utilizzo della bici, corre l’obbligo di correggere il tiro dicendo, “dovrebbe essere”.
Quella della bici è da considerare un’utenza debole, per meglio inquadrare il problema forse è il caso di snocciolare alcuni dati, di fonte ISTAT, al riguardo degli incidenti stradali che possono darci una mano per comprendere di cosa parliamo.
Preso a riferimento una media annua di incidenti stradali sulle strade Italiane, parliamo in numeri di:
ü      Circa 7.000 morti;
ü      Oltre 300.000 feriti

Riportati sul piano dei ciclisti, questi numeri si traducono con:
ü      Il ferimento di 10.600 utenti;
ü      Il decesso di 372 utenti.

Preso inoltre in considerazione il luogo dove questi incidenti si sono verificati, ne esce un desolante quadro in cui vediamo che questi avvengono principalmente in contesti urbani dove sono concentrati :
ü      il 42 % dei morti;
ü      il 72 % dei feriti.

Definito questo come quadro generale, o meglio “bollettino di guerra” del fenomeno, occorre precisare che andare in bicicletta non è pericoloso di per sè, sono gli “incontri ravvicinati” con altre utenze, in particolare con gli utenti automobilisti (o meglio gli scontri con le auto) a causare il 95 % degli incidenti più gravi che coinvolgono i ciclisti.
Sorge spontanea una domanda, allora che faccio ? smetto di andare in bici ?

Da ciclista, rispondo no, al contrario ritengo sia il caso di iniziare a coinvolgere più utenti oggi non ciclisti all’uso della bici ed incominciare a sensibilizzare l’opinione pubblica, sulla necessità di un rispetto più responsabile dell’utente ciclista.
Segnalo la campagna #Salvaiciclisti.
Noi ciclisti siamo TUTTI desiderosi di maggiore sensibilità verso le nostre esigenze, desideriamo strade più sicure, desideriamo un traffico più rispettoso della condizione del ciclista.
Vogliamo sentirci liberi di vivere la nostra città, con dignità e spazio anche per i ciclisti.

Per meglio chiarire, il preambolo ed i dati forniti a supporto non hanno il compito di criminalizzare l’automobilista medio, ma occorre (purtroppo) prendere atto di alcuni fattori.
La congestione del traffico, il numero della auto in costante aumento, la scarsa presenza di piste ciclabili e la presenza di zone dove transitare in sicurezza non proprio all’altezza del loro compito; costringono automobilisti e ciclisti a convivenze forzate, spesso, a comportamenti non educativi.
Muoversi con la bici nel traffico ha necessità di una certa pratica se si desidera arrivare alla meta senza essere travolti.

Ma cosa bisogna fare per muoversi con la bici in mezzo al traffico e restare in sicurezza ?
Bella domanda, sapessi rispondere in modo definitivo sarei uno dei massimi guru della viabilità, posso solo fornire dei consigli da ciclista, chiamatela “sopravvivenza urbana”, possono sembrare lampanti ma servono per cercare di diminuire i fattori di rischio che sono e resteranno sempre presenti.

Codice della strada, l’importanza delle regole.
Partiamo dal fatto che la bici è pur sempre un veicolo che si muove sulle strade, come tale è soggetto alle stesse regole di circolazione alla pari di un’auto.
Non sorridete poiché si tratta di una scomoda verità, i comportamenti scorretti, soprattutto quelli dei ciclisti che pensano di essere esenti dalle regole, sono la più elevata fonte di rischio per l’automobilista e per il ciclista.

Ricordate che gli autoveicoli sono più grossi, più veloci, più (pre)potenti ed un duro ostacolo contro cui cozzare. J
Circolare contromano, passare con il rosso, non usare le piste ciclabili quando sono ben tenute e disponibili, sono solo alcuni degli esempi che mi capita di verificare più frequentemente.
Spesso i ciclisti ingaggiano gare tra loro dimenticando di essere sulla strada, ma è un errore che spesso diventa fatale.
Occorre sempre circolare, per quanto possibile, vicino al margine della carreggiata e segnalare con congruo anticipo l’intenzione di cambiare direzione o fermarsi con il braccio.
Codice della strada alla mano, le svolte a destra o sinistra si segnalano alzando il rispettivo braccio verso destra o sinistra; l’intenzione di fermarsi va segnalata alzando il braccio verticalmente.
I diligenti mi scuseranno (spero) per le banalità, ritengo che i comportamenti rispettosi e corretti, quando si vuole fare educazione, debbano prioritariamente venire dal buon esempio.

Visibilità
Segnalare la propria presenza sulla strada non è una banalità ed anche un certo tipo di abbigliamento può rivelarsi importante, scegliete (se possibile) indumenti di colori vivi e sgargianti, non per fare da bersaglio ma per farvi notare.

Luci e dispositivi rifrangenti.
Oltre che d’obbligo per un veicolo, i fanali non sono assolutamente da dimenticare quando si circola su strada con le ore notturne.
Occorre anche ricordare che i tempi di reazione per scansare un ostacolo, in caso di scarsa visibilità, si riducono notevolmente e quindi l’importanza di farsi vedere in tempo è fondamentale
I catarifrangenti sui pedali, oppure anche sui raggi delle ruote, sono un ottimo presidio per segnalare la propria presenza, poiché il movimento circolare viene immediatamente percepito dall’occhio umano.
La vecchia e sempre efficace dinamo che, applicata alla forza della pedalata, alimenta le luci, ha però lo svantaggio di costringere ad uno sforzo supplementare, inoltre se si smette di pedalare, la dinamo si ferma, il fanale si spegne ed il rischio di non essere visti aumenta.
Dimenticati i tempi dei lumi a petrolio, oggi sono disponibili una serie di accessori leggeri ed efficaci che consentono una buona visibilità ed illuminazione, questi dispositivi sono alimentati da una batteria (anche ricaricabile) con una buona autonomia (anche 100 ore) e restano sempre accese e visibili da lontano (almeno fino a quando la batteria è efficiente).
Capita troppo spesso di vedere ciclisti che transitano in pieno buio, in strade prive di pista ciclabile e di scansarli all’ultimo secondo.
Insomma un dispositivo d’illuminazione efficiente è molto, molto importante. Usatelo !

Il casco di protezione.
So già di toccare un argomento sensibile, nervo scoperto per molti che non vedono l’uso del casco come un presidio.
Croce o delizia, i ciclisti si dividono in accaniti sostenitori ed accaniti detrattori, ma se prendiamo in considerazione il parametro “sicurezza” anche coloro che aborrono l’obbligo del casco, riconoscono il rischio che espone la testa connesso alla circolazione e la sua funzione preventiva.
Molti di quelli che ho interpellato, chiedendo il perché di una scelta di testa “free helmet” purtroppo non si preoccupano di fare prevenzione,  perché circolare con la sola bandana fa “più figo”.
Non sono tutti così, voglio precisarlo subito, e va anche specificato che, per il codice della strada, l’utilizzo del casco per il ciclista non è obbligatorio e non è mia intenzione proporne l’obbligo ma ricordate, la potenziale testa salvata è la vostra.
Un casco per ciclista è studiato per consentire la traspirazione e deve essere omologato per resistere agli impatti, oggi esistono materiali leggeri, economici e molto resistenti.
Lascio la parola ai numeri, più aumenta la velocità, più alto il rischio, in caso di caduta, di battere anche la testa.
La velocità media di 10-20 Km orari non è difficile da raggiungere (considerato come uso della bici non agonistico) ed espone ad un rischio di mortalità, in caso di battere la testa non protetta, del 3-4 %
Alla velocità di 30-50 Km orari (considerato come uso della bici sportivo o agonistico) il rischio sopra esposto aumenta esponenzialmente fino al 40-41 %.
Allora perché rischiare, il casco può salvare la vita ! ciclista informato…