La sicurezza in bicicletta
Di Roberto Babini
La sicurezza stradale è un
diritto di tutti.
Purtroppo nella casistica legata all’utilizzo della bici,
corre l’obbligo di correggere il tiro dicendo, “dovrebbe essere”.
Quella della bici è da
considerare un’utenza debole, per meglio inquadrare il problema forse è il caso
di snocciolare alcuni dati, di fonte ISTAT, al riguardo degli incidenti
stradali che possono darci una mano per comprendere di cosa parliamo.
Preso a riferimento una media
annua di incidenti stradali sulle strade Italiane, parliamo in numeri di:
ü
Circa 7.000 morti;
ü
Oltre 300.000 feriti
Riportati sul piano dei ciclisti,
questi numeri si traducono con:
ü
Il ferimento di 10.600 utenti;
ü
Il decesso di 372 utenti.
Preso inoltre in considerazione il luogo dove questi
incidenti si sono verificati, ne esce un desolante quadro in cui vediamo che
questi avvengono principalmente in contesti urbani dove sono concentrati :
ü
il 42 % dei morti;
ü
il 72 % dei feriti.
Definito questo come quadro
generale, o meglio “bollettino di guerra” del fenomeno, occorre precisare che andare in bicicletta non è pericoloso di
per sè, sono gli “incontri ravvicinati” con altre utenze, in particolare
con gli utenti automobilisti (o meglio gli scontri con le auto) a causare il 95
% degli incidenti più gravi che coinvolgono i ciclisti.
Sorge spontanea una domanda,
allora che faccio ? smetto di andare in bici ?
Da ciclista, rispondo no, al
contrario ritengo sia il caso di iniziare a coinvolgere più utenti oggi non
ciclisti all’uso della bici ed incominciare a sensibilizzare l’opinione
pubblica, sulla necessità di un rispetto più responsabile dell’utente ciclista.
Segnalo la campagna
#Salvaiciclisti.
Noi ciclisti siamo TUTTI desiderosi di maggiore sensibilità verso le
nostre esigenze, desideriamo strade
più sicure, desideriamo un traffico più rispettoso della condizione del
ciclista.
Vogliamo sentirci liberi di
vivere la nostra città, con dignità e spazio anche per i ciclisti.
Per meglio chiarire, il preambolo
ed i dati forniti a supporto non hanno il compito di criminalizzare
l’automobilista medio, ma occorre (purtroppo) prendere atto di alcuni fattori.
La congestione del traffico, il
numero della auto in costante aumento, la scarsa presenza di piste ciclabili e
la presenza di zone dove transitare in sicurezza non proprio all’altezza del
loro compito; costringono automobilisti e ciclisti a convivenze forzate,
spesso, a comportamenti non educativi.
Muoversi con la bici nel traffico
ha necessità di una certa pratica se si desidera arrivare alla meta senza
essere travolti.
Bella domanda, sapessi rispondere
in modo definitivo sarei uno dei massimi guru della viabilità, posso solo
fornire dei consigli da ciclista, chiamatela “sopravvivenza urbana”, possono
sembrare lampanti ma servono per cercare di diminuire i fattori di rischio che
sono e resteranno sempre presenti.
Codice della strada,
l’importanza delle regole.
Partiamo dal fatto che la bici è
pur sempre un veicolo che si muove sulle strade, come tale è soggetto alle
stesse regole di circolazione alla pari di un’auto.
Non sorridete poiché si tratta di
una scomoda verità, i comportamenti scorretti, soprattutto quelli dei ciclisti
che pensano di essere esenti dalle regole, sono la più elevata fonte di rischio
per l’automobilista e per il ciclista.
Ricordate che gli autoveicoli
sono più grossi, più veloci, più (pre)potenti ed un duro ostacolo contro cui
cozzare. J
Circolare contromano, passare con
il rosso, non usare le piste ciclabili quando sono ben tenute e disponibili,
sono solo alcuni degli esempi che mi capita di verificare più frequentemente.
Spesso i ciclisti ingaggiano gare
tra loro dimenticando di essere sulla strada, ma è un errore che spesso diventa
fatale.
Occorre sempre circolare, per
quanto possibile, vicino al margine della carreggiata e segnalare con congruo
anticipo l’intenzione di cambiare direzione o fermarsi con il braccio.
Codice della strada alla mano, le
svolte a destra o sinistra si segnalano alzando il rispettivo braccio verso
destra o sinistra; l’intenzione di fermarsi va segnalata alzando il braccio
verticalmente.
I diligenti mi scuseranno (spero) per le banalità, ritengo che i comportamenti rispettosi e corretti, quando si vuole fare educazione, debbano prioritariamente venire dal buon esempio.
I diligenti mi scuseranno (spero) per le banalità, ritengo che i comportamenti rispettosi e corretti, quando si vuole fare educazione, debbano prioritariamente venire dal buon esempio.
Segnalare la propria presenza
sulla strada non è una banalità ed anche un certo tipo di abbigliamento può rivelarsi
importante, scegliete (se possibile) indumenti di colori vivi e sgargianti, non
per fare da bersaglio ma per farvi notare.
Luci e dispositivi
rifrangenti.
Oltre che d’obbligo per un veicolo, i fanali non sono
assolutamente da dimenticare quando si circola su strada con le ore notturne.
Occorre anche ricordare che i tempi di reazione per
scansare un ostacolo, in caso di scarsa visibilità, si riducono notevolmente e
quindi l’importanza di farsi vedere in tempo è fondamentale
I catarifrangenti sui pedali,
oppure anche sui raggi delle ruote, sono un ottimo presidio per segnalare la
propria presenza, poiché il movimento circolare viene immediatamente percepito
dall’occhio umano.
La vecchia e sempre efficace
dinamo che, applicata alla forza della pedalata, alimenta le luci, ha però lo
svantaggio di costringere ad uno sforzo supplementare, inoltre se si smette di
pedalare, la dinamo si ferma, il fanale si spegne ed il rischio di non essere
visti aumenta.
Dimenticati i tempi dei lumi a
petrolio, oggi sono disponibili una serie di accessori leggeri ed efficaci che
consentono una buona visibilità ed illuminazione, questi dispositivi sono
alimentati da una batteria (anche ricaricabile) con una buona autonomia (anche
100 ore) e restano sempre accese e visibili da lontano (almeno fino a quando la
batteria è efficiente).
Capita troppo spesso di vedere
ciclisti che transitano in pieno buio, in strade prive di pista ciclabile e di
scansarli all’ultimo secondo.
Insomma un dispositivo
d’illuminazione efficiente è molto, molto importante. Usatelo !
Il casco di protezione.
So già di toccare un argomento sensibile, nervo scoperto
per molti che non vedono l’uso del casco come un presidio.
Croce o delizia, i ciclisti si dividono in accaniti
sostenitori ed accaniti detrattori, ma se prendiamo in considerazione il
parametro “sicurezza” anche coloro che aborrono l’obbligo del casco,
riconoscono il rischio che espone la testa connesso alla circolazione e la sua
funzione preventiva.
Molti di quelli che ho interpellato, chiedendo il perché
di una scelta di testa “free helmet” purtroppo non si preoccupano di fare
prevenzione, perché circolare con la
sola bandana fa “più figo”.
Non sono tutti così, voglio precisarlo subito, e va anche
specificato che, per il codice della strada, l’utilizzo del casco per il
ciclista non è obbligatorio e non è mia intenzione proporne l’obbligo
ma ricordate, la potenziale testa salvata è la vostra.
Un casco per ciclista è studiato per consentire la
traspirazione e deve essere omologato per resistere agli impatti, oggi esistono
materiali leggeri, economici e molto resistenti.
Lascio la parola ai numeri, più aumenta la velocità, più
alto il rischio, in caso di caduta, di battere anche la testa.
La velocità media di 10-20 Km orari non è difficile
da raggiungere (considerato come uso della bici non agonistico) ed espone ad un
rischio di mortalità, in caso di battere la testa non protetta, del 3-4 %
Alla velocità di 30-50 Km orari (considerato come uso della bici
sportivo o agonistico) il rischio sopra esposto aumenta esponenzialmente fino
al 40-41 %.
Allora perché rischiare, il casco può salvare la vita !
ciclista informato…